lunedì 15 febbraio 2016

Il caso Spotlight, va in scena il vero giornalismo


Il caso Spotlight, semplicemente Spotlight nella versione originale, è uno dei sei film candidati agli Academy Awards come miglior pellicola e si merita pienamente la nomination. Se la merita perché è il racconto serrato, incessante ma anche realistico, di un'inchiesta giornalistica come non se ne fanno praticamente più, che nel 2002 ha portato alla luce il sistematico insabbiamento degli abusi sessuali commessi da quasi 90 sacerdoti nella città di Boston e dintorni nel corso di oltre vent'anni. I protagonisti dell'impresa sono i membri della squadra Spotlight, sezione di giornalismo investigativo del quotidiano Boston Globe.



Quando arriva un nuovo direttore al Boston Globe, la sua attenzione è subito attirata da un articoletto che riporta il caso di cronaca di un prete accusato di aver abusato di diversi bambini della parrocchia nel corso degli anni: dà quindi al team investigativo il compito di scavare più a fondo, per capire se si tratti di un caso isolato o, come teme, non proprio. A capo di Spotlight c'è Walter Robinson, detto Robby, interpretato da Michaeal Keaton, che all'inizio è un po' titubante ma poi diventerà il primo a voler andare in fondo alla verità.
Non appena i suoi cronisti Sasha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Michael Rezendes (Mark Ruffalo) cominciano a indagare sul caso, scoprono infatti che non solo la rete degli abusi è molto più estesa di quanto si potesse immaginare, ma che la Chiesa, per evitare scandali, allontanava i preti colpevoli per un breve congedo "di malattia" prima di assegnarli a un'altra parrocchia. A quel punto, come dice il direttore Marty Baron, l'obiettivo dell'inchiesta non è più smascherare solamente i singoli sacerdoti che si sono macchiati di quegli orribili abusi, ma dimostrare che è il sistema a essere corrotto, è la Chiesa ad aver voluto insabbiare tutto.



Fondamentale aiuto per i giornalisti saranno le informazioni che Rezendes ottiene da e grazie a Mitchell Garabedian, avvocato delle vittime molestate, interpretato da Stanley Tucci. 
La Chiesa, ovviamente, combatterà con ogni sua arma per evitare che le scomode verità vengano alla luce, eppure il team Spotlight non si darà per vinto, arrivando a pubblicare l'inchiesta che avrebbe poi vinto il premio Pulitzer, dando il là ad analoghe indagini in altre città di tutto il mondo.
Il film è candidato agli Oscar anche per miglior regia (Tom McCarthy), miglior attore non protagonista (Mark Ruffalo), miglior attrice non protagonista (Rachel McAdams), miglior sceneggiatura e miglior montaggio. 




Azzardare un paragone culinario per questo film è davvero arduo, anzi si
potrebbe dire che è un pugno nello stomaco, non tanto perché crudo o violento, anzi, ma per la sua verosimiglianza nel dipingere da un lato l'incessante, lungo, noioso e spesso frustrante lavoro dei giornalisti impegnati in un'inchiesta e dall'altra nel ricordarci il terribile e immorale istinto di sopravvivenza delle istituzioni, a scapito dei loro più grandi ideali e fondamenti. In questo caso è la Chiesa Cattolica, che non è disposta a riconoscere gli sbagli e i crimini commessi al suo interno ma anzi, è pronta a lasciare che si ripetano pur di non affrontare la vergogna, il biasimo e l'esposizione al mondo là fuori per tali orrori .
Spotlight è un bel film, ben costruito, che chiama il paragone con Tutti gli uomini del presidente, che non si distrae e non ci fa distrarre con abbellimenti di contorno o storie personali dei protagonisti, che pur hanno ciascuno una propria personalità ben delineata e una vita al di fuori del Globe (che rimane, tuttavia, in grandissima parte fuori dal film). I personaggi sono funzionali al loro mestiere e alla loro missione: scoprire la verità e assicurarsi che, finalmente, emerga e non possa essere più insabbiata. Missione compiuta, team Spotlight. 

Guarda il trailer de Il caso Spotlight, in uscita nelle sale italiane giovedì 18 febbraio. 

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