Pensate a un giardino silenzioso, popolato da margherite, mughetti e papaveri, piante di alloro, cavallette e bruchi, un gatto grasso e un corvo dispettoso. In mezzo, una splendida residenza di campagna, coperta di foglie di edera bagnate dalla rugiada, che sotto il pavimento ospita, nascosta agli occhi di tutti, la casa segreta di una famiglia di piccoli gnomi. Tre "prendimprestito", per l'esattezza. Esserini di 10 centimetri, simili agli uomini: una sorta di lillipuziani, che di notte vanno in missione nelle case degli umani e "prendono in prestito" le cose che gli sono indispensabili. Uno spillo, un pezzetto di scotch, un fazzoletto di carta, una zolletta di zucchero, un biscotto.
Arrietty è una di loro. Ha quattordici anni, vive con i genitori ed è convinta che al mondo ci siano altri gnomi come lei, anche se non ne ha mai incontrati altri. Quella della sua famiglia è una lotta per la sopravvivenza: non devono farsi vedere dagli umani, pena la fuga e il trasloco verso un luogo più sicuro.
Nella vecchia casa, però, un giorno arriva Sho: un ragazzo coetaneo di Arietty, dal cuore gentile quanto debole, che infatti si trova lì in campagna per riposare prima di un delicato intervento.
Una notte Sho scorge Arietty e vuole convincerla a fidarsi di lui. La piccola gnoma è allarmata e diffidente, e al tempo stesso attratta. Le rispettive solitudini li spingono l'uno verso l'altra e così i due diventano amici.
Ma la vita è complicata e il rapporto di fiducia che si instaura tra i due avrà delle ripercussioni sugli equilibri dei loro mondi.
Una favola bellissima, delicata, con uno stile narrativo tipicamente giapponese: si tratta di un cartone animato, ma non vedrete nessuno dei protagonisti cantare e ballare o parlare con animali umanizzati. Al centro della storia ci sono le difficoltà e le responsabilità che ogni individuo deve affrontare per crescere. Gli animali ci sono, ma mantengono la loro natura. E poi i disegni, sono splendidi: dettagliati, ricchi, morbidi. Se conoscete lo studio Ghibli di Hayao Miyazaki sapete già di che cosa sto parlando. La regia, stavolta, è di Hiromasa Yonebayashi, stretto collaboratore del maestro.
Un'opera poetica, precisa, bella. Esattamente come le opere culinarie nipponiche, attente all'equilibrio estetico e alle geometrie oltre che al gusto, all'accostamento di sapori e consistenze. Pensate al sushi, oppure all'arte pasticcera dei wagashi. Sì, Arietty è un piccolo wagashi.
Cosa sono i wagashi? Si tratta di dolcetti serviti generalmente con il té, in gran parte a base di riso glutinoso (mochi), marmellata e pasta di fagioli rossi di soja chiamati azuki (anko), gelatina kanten e frutta. Sono dei piccoli capolavori, che necessitano precisione, attenzione e arte. Per saperne di più vi rimando a un blog molto bello dedicato proprio a questi dolcini. Si chiama Wagashi stories, e proprio grazie all'autrice Wagashi stories ho scoperto tante cose di cui non avevo la minima idea. Come le creazioni delle pasticcerie Minamoto Kitchoan e Toraya, di cui vi lascio qualche foto. Giudicate voi stessi, e poi ditemi se, dopo ciò che vi ho detto, non vi viene voglia di correre a gustarvi Arietty.
Macchamochi da Kitchoan |
Hakutohoshigure da Kitchoan |
Yasaka da Toraya |
Kankoubai da Toraya |
Vi lascio con il trailer del film. Sayonara.